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10 giugno 2011, Festa della Marina ad Ancona

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Oggi è una giornata particolare per chi come me appartiene a questa Forza Armata: si festeggia la Marina militare e soprattutto tutti quelli che ne fanno parte. Ad Ancona in particolare la Festa ha raccolto numerosi consensi anche tra le diverse Forze armate intervenute come rappresentanza. La cerimonia sobria e solenne si è svolta nel piazzale all’interno del complesso Piano San Lazzaro presso il Comando Servizi base di Maridipart Ancona, in una giornata caratterizzata da un sole splendente e calda. Cos’altro dire: a me è toccato stare di Guardia presso il corpo di guardia di Maribase ma l’intenzione è quella di rendervi partecipe dell’importanza che per noi rappresenta questo giorno, ricco di storia e significato. A seguire, tratto da Wikipedia citerò la storia dell’ Impresa di Premuda del 10 giugno 1918, di Luigi Rizzo, di Giuseppe Aonzo e dei MAS 15 e 21. Se ne avete voglia condividete il più possibile su Facebook questo eccezionale evento della Prima Guerra Mondiale. Approfitto per fare tanti auguri a tutti i colleghi militari e civili della base di Ancona. Anche soprattutto a tutti quelli  che rischiano la vita sui teatri di guerra internazionali e che con onore servono l’Italia e la nostra Mamma Marina ;-) Al prossimo post.

L’ Impresa di Premuda fu un’azione navale compiuta il 10 giugno 1918, in piena prima guerra mondiale,

Luigi Rizzo

dalla Regia Marina italiana contro la Imperial-Regia marina da guerra austro-ungarica.
Durante una missione di perlustrazione e dragaggio in alto Adriatico, i MAS 15 e 21, comandati dal capitano di corvetta Luigi Rizzo e dal guardiamarina Giuseppe Aonzo, si imbatterono in una forza navale austriaca costituita dalle corazzate Santo Stefano e Tegetthoff, scortate da alcune cacciatorpediniere. Nonostante le preponderanti forze nemiche, i due MAS si lanciarono al centro della formazione austriaca puntando i due maggiori bersagli, ovvero le corazzate Santo Stefano e Tegetthoff. I due siluri del MAS 21 del guardiamarina Aonzo colpirono la Tegetthoff ma non esplosero, mentre i siluri del Comandante Rizzo colpirono la Santo Stefano che si capovolse per poi affondare.
Per tale azione il comandante Rizzo e il guardiamarina Aonzo ricevettero la medaglia d’oro al valor militare.
Di seguito sono riportati due brani nei quali lo stesso Comandante Rizzo descrive l’evento:
« Potevano essere le tre: era ancora notte, ma non più completamente buio. Avevamo il rampino a mare ed incrociavamo sperando di incocciare qualcosa, ma inutilmente…
A lento moto, il tempo non passava mai, sicché per far venire presto l’alba, mi mettevo di tanto in tanto al timone. Tutto il canale di Luttostrak era stato rampinato: nulla. Non ci rimaneva ormai altro da fare che salpare il rampino e ripiegare sul punto A dove avevamo lasciato le due torpediniere. Così decido: consegno il timone a Gori e gli indico la rotta per il punto A. Prendo un salvagente avvoltolato come cuscino e mi sdraio sul ponte, con la faccia alle stelle. La notte è rugiadosa e mi sento intorpidito: col lieve rullio, le stelle corrono da un capo all’altro del bordo: ed io le inseguo metodicamente, mezzo assopito… Quand’ecco, a dritta, al nord, lontano sull’orizzonte, delle nuvole di fumo! Dalla parte di Pola? Ma allora non possono essere nostre unità: ad ogni modo è da escludere che siano le nostre torpediniere, perché quelle debbono trovarsi a ponente, verso la nostra prora. E poi sono troppo guardinghe e fumo non ne

I MAS 15 e 21

fanno. Dunque i fumi sono nemici. Subito mi viene il dubbio che dalla stazione di vedetta di Gruica abbiano potuto scorgere i Mas: avranno dato l’allarme a Lussin, ed ecco che hanno inviato dei cacciatorpediniere per darmi la caccia. Chiamo Gori e gli mostro il fumo che si fa sempre più manifesto,

che si avvicina. Noi stiamo navigando verso il largo e probabilmente chi viene alla nostra ricerca ancora non ci ha scorti … ma io sono impaziente di appurare di che si tratta. Perciò accosto a dritta e dirigo verso il fumo. Noi siamo pronti a tutto: del resto anche se tentassimo di sottrarci a tutta forza, non potendo sviluppare più di venti miglia, una volta avvistati saremmo inseguiti, cannoneggiati, affondati… Meglio approfittare della luce ancora incerta e se possibile

farsi sotto ed attaccare… A piccolo moto, seguito dal Mas 21, dirigo incontro al fumo, prendendo la rotta di collisione…
Aguzzo lo sguardo ed intravedo le soprastrutture di grosse navi, forse un convoglio? Ma quelle sono corazzate e tutt’intorno delle siluranti! Attento Gori! Avvertire Mas 21 che abbiamo di prua una divisione navale, certamente nemica… Il cuore mi da un tuffo: c’è da fare buona caccia stamane… »
« Avvicinando il nemico mi accorsi dell’esattezza dell’ipotesi trattandosi di due grosse navi scortate da 8 o 10 cacciatorpediniere che le proteggevano di prora, di poppa e sui fianchi. Decisi di eseguire il lancio alla minima distanza possibile e perciò diressi in modo da portarmi all’attacco passando fra i due caccia che fiancheggiavano la prima nave a una distanza di non oltre 300 metri. I due siluri colpivano la nave

L'affondamento della Santo Stefano

scoppiavano quello di dritta fra il primo e il secondo ciminiere, e quello di sinistra fra il ciminiere poppiere e la poppa, sollevando due grandi nuvole di acqua e fumo nerastro. I siluri essendo preparati per l’attacco contro siluranti erano regolati a metri 1,5. La nave non eseguì alcuna manovra per evitare i siluri. »
L’anniversario dell’impresa fu scelto nel 1939, come data della festa della Marina Militare
In data 10 maggio 2010, Giovanni Donato, figlio del marò Donato Letterio, imbarcato col com. Rizzo sul MAS 15, raccontava i fatti come narrategli dal padre:
« Erano circa le ore sei del mattino del 10 giugno 1918, appena albeggiava e ci eravamo fermati in alto mare per parlare con un pescatore locale, circa le correnti marine che in quel momento interessavano la nostra zona, quando girando il volto verso l’orizzonte, vidi a dritta, verso Premuda, un esile fumo. Avvertii subito il com. Rizzo, il quale guardando col binocolo in quella direzione, confermò la cosa e subito diede ordine di porre la nostra rotta verso tale direzione per identificare il naviglio. Avvicinatici, il com. Rizzo lo identificò come un gruppo di navi nemiche e ci diede ordini per prepararci ad attaccare. Il nostro Mas si avvicinò alla nave più grande, la corazzata “Santo Stefano”, fino al punto che potevamo scorgere alcuni marinai che sulla coperta si stavano lavando (a quel tempo i lavandini delle navi erano posti in coperta). Intanto a bordo del Mas era successo un imprevisto, il silurista avvertì un malore e si

Luigi Rizzo

mise a rimettere abbondantemente, allora il com. Rizzo si rivolse a me, anche io siciliano e messinese e mi disse:” Lìu, te la senti di lanciare i siluri?” (in messinese Lìu e diminuitivo di Letterio) al che risposi affermativamente. All’ordine del com. Rizzo azionai le due maniglie che sovraintendevano al lancio siluri, i quali colpirono la corazzata S.Stefano. Dopo di ciò iniziammo una azione di sganciamento ma venimmo subito inseguiti da un caccia il quale non ci sparò ma cercò di avvicinarci e di catturarci vivi, probabilmente per interrogarci e sapere che tipo di armi speciali avevamo a bordo, ma il comandante Rizzo, ancora una volta mi disse di prendere e di lanciare in mare la bomba di profondità che avevamo a bordo, cosa che feci e di li a poco avvertimmo lo scoppio della stessa alla fiancata del caccia nemico che venne danneggiato e così desistette dall’inseguimento. Il com. Rizzo fece procedere il Mas a zig zag per evitare che venissimo colpiti dalle armi nemiche. Arrivati ad Ancona, il com. Rizzo e tutto l’equipaggio scendemmo dal Mas 15 ormai privo di munizioni e chiedemmo il permesso di salire su un altro Mas ancorato in rada ed armato per poter continuare la battaglia. »

https://paologarrisi.com

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Scritto da Paolo Garrisi il 10 giugno, 2011. Catalogato sotto In Evidenza, Secondo me.... Puoi seguire ogni commento a questo post attraverso il RSS 2.0. Puoi lasciare sotto un commento o traccia a questo articolo.

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